I fringe benefit fanno parte della macro-categoria di quei compensi che non è corrisposta dal datore in denaro bensì attraverso l’erogazione di beni e servizi che vanno comunque nel cedolino, come ad esempio buoni pasto, auto aziendale ecc.

I benefits aziendali (o fringe benefits) fanno parte della categoria della retribuzione accessoria. Ciò che li accomuna è l’essere assoggettati a una particolare disciplina circa la tassazione IRPEF e i contributi INPS.

L’art. 1 della legge 213/2023, al comma 17 introduce due nuove tipologie di spese rientranti
tra i fringe benefit che il datore di lavoro può riconoscere al dipendente:
– le spese per l’affitto della propria abitazione;
– gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa
(fino a 2000 euro)

Questi sono meglio definiti dalla circolare 5/E dell’Agenzia delle Entrate di marzo 2024.

Anche in questo caso, come già era avvenuto per le utenze domestiche, è possibile
riconoscere un fringe benefit in denaro ai propri dipendenti, a fronte delle spese da essi
sostenute per i canoni di affitto e gli interessi passivi del mutuo per l’acquisto dell’abitazione.